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ASTROFISICA - Le Lenti Gravitazionali

La storia

Il fenomeno del lensing gravitazionale consiste nella distorsione dei raggi luminosi prodotta dal campo gravitazionale di un oggetto astronomico – la lente gravitazionale - che viene a trovarsi in prossimità della linea di vista di una sorgente più lontana, denominata sorgente dello sfondo. La misura della deflessione ha portato alla prima verifica sperimentale della teoria di Einstein della Relatività Generale, nel 1919; l'effetto di lente gravitazionale è stato infatti una delle più importanti previsioni della nuova teoria della gravitazione.

L'idea che la gravità potesse curvare la luce fu per la prima volta suggerita da Isaac Newton, che nei suoi trattati sull'ottica ipotizzava che i raggi di luce stessi potessero sperimentare la forza di gravità. Nel 1801 invece Johann George von Solder, cercando di capire se la curvatura della luce affliggesse alcune

misure astronomiche, riprese in mano il problema studiandolo con la teoria Newtoniana dei corpi. Il calcolo, comunque, presenta alcuni problemi, primo fra tutti il fatto che i fotoni, le “particelle” costituenti la luce, non hanno massa; di conseguenza non sperimentano nessuna forza gravitazionale.

Inconsapevole del calcolo di Soldner, Einstein ripetè i ragionamenti della teoria Newtoniana aggiungendo l'equazione E=mc2. Con questi argomenti, e spronato dall'idea che la deflessione della luce fosse un effetto misurabile, calcolò la deflessione che la luce delle stelle lontane avrebbe dovuto subire a causa del Sole: trova una deflessione di 1.74 secondi d'arco. Solo che per osservare la luce delle stelle dietro al Sole sarebbe stato necessario spostare il Sole! Per questo la misura fu effettuata durante un eclissi; nel 1914 una spedizione tedesca fu mandata in Crimea ad osservare l'eclissi del 21 Agosto, ma lo scoppio della Prima Guerra Mondiale impedì l'esperimento; solo nel 1919 una spedizione inglese provò la correttezza del calcolo di Einstein.


I dati

Una sorgente dietro una lente gravitazionale produce un’immagine diversa a seconda della posizione relativa dei due oggetti. Nel piano della sorgente si individuano infatti delle curve, dette caustiche, che separano zone di molteplicità differenti: a seconda di dove si trova la sorgente noi osserveremo un numero diverso di sue immagini!

Un caso notevole si ha quando sorgente, lente e osservatore sono esattamente allineati; il risultato è un'immagine simmetrica intorno alla lente, il cosiddetto anello di Einstein.

L'osservazione di una lente gravitazionale rappresenta una grande sfida, e molte delle difficoltà erano già state previste ancora prima del 1979, quando se ne è scoperto il primo esempio (nonchè la lente gravitazionale oggi meglio studiata): il quasar doppio Q0957+561 (Walsh et al. 1979). Sono due immagini, prese in radio e in ottico, a z=1.41 del quasar, distanti circa 6'', formatesi ai lati opposti di un brillante ammasso di galassie con z=0.36.

Con lo sviluppo della ricerca si sono trovati altri possibili candidati, ma ad oggi il numero dei possibili sistemi con lente gravitazionale è ancora ridotto.

Un tipo differente di lente è stato identificato per la prima volta nel 1986, ed è un arco blu lungo circa 25'' nell'ammasso di galassie Abell 370 (vedi figura); strutture simili sono state trovate anche negli altri ammassi Abell. Modelli teorici dettagliati mostrano che gli archi si formano naturalmente nella profonda buca di potenziale di un ammasso, che produce una notevole amplificazione del segnale della galassia di background nella direzione tangenziale. La maggior parte dei clusters in cui sono stati scoperti archi presenta anche numerosi archi minori, chiamati arclets (fino a 60) su scale più piccole; sono ancora galassie di sfondo, ma sono molto meno amplificate e risultano immagini più deboli.


Le missioni

Anche se una lente gravitazionale non è abbastanza forte per formare due immagini distinte di una sorgente sullo sfondo, può amplificare la sua luminosità: questo fenomeno è chiamato microlensing. Nel 1986 è stato proposto da Paczynski un semplice esperimento che usava questo fenomeno per cercare la cosiddetta materia oscura nella nostra galassia, in particolare per cercare eventuali oggetti “oscuri” e compatti che fungessero da lente per le stelle; questi vengono denominati MACHOs: MAssive Compact Halo Object.

Si sono formati quattro gruppi: MACHO Team (http://wwwmacho.anu.edu.au/), EROS Team (http://eros.in2p3.fr), OGLE Team (www.astrouw.edu.pl/tildeogle/) e MOA Team (www.phys.canterbury.ac.nz/moa/). Per l’esperimento determinano la magnitudine apparente delle stelle in direzione delle nubi di Magellano e del Bulge galattico alcune volte la settimana, cercando i rari segnali dovuti a microlensing fra i milioni di stelle. In più di dieci anni dalla pubblicazione del primo evento (1993), sono stati con sicurezza identificati una ventina di eventi.


Silva Fabello

Data creazione : 08/07/2007 - 12:46
Ultima modifica : 11/03/2008 - 22:14
Categoria : ASTROFISICA
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