Nell'iniziare una serie di articoli che riguardano Plutone, non possiamo che cominciare parlando della sua scoperta.
Quando questa avvenne rappresentò la conclusione di una lunga ricerca astronomica durata qualcosa come 150 anni,
iniziata nel lontano 1781 con la scoperta di Urano. Sembrerà strano ma la scoperta di Urano e quella di Plutone sono
collegate tra loro da un'altra scoperta altrettanto importante: quella del pianeta Nettuno.
Ma partiamo dall'inizio, ovvero dalla scoperta del pianeta Urano.
La notte del 13 marzo 1781 Wilhelm Herschel scoprì per caso Urano. Questa scoperta produsse due cambiamenti
immediati.
Il primo fu quello di espandere, raddoppiandole, le dimensioni del nostro Sistema Solare e il secondo quello di
aumentare il numero delle stelle erranti, ovvero quegli oggetti del cielo che i greci chiamavano “planetes” e che l'uomo
conosceva già da migliaia di anni. Fino a quella data infatti, i pianeti conosciuti erano solo sei e Saturno rappresentava
l'ultimo e il più lontano fra tutti quelli che l'occhio umano era riuscito a vedere. Quella notte però, Herschel ebbe una
fortuna sfacciata perché nell'osservare le stelle si ritrovò tra le mani un pianeta; anzi, la sua fortuna potrebbe essere
doppiamente sfacciata se consideriamo una curiosità che vorrei raccontare.
Quello che il vulcano islandese Eyafjalljokull ha provocato quest'anno è poca cosa in confronto a quanto aveva prodotto
un altro vulcano islandese, il Laki, nel periodo compreso tra giugno 1783 e febbraio 1784. La quantità di gas, polveri e
ceneri emesse aveva così pesantemente coperto tutta la Gran Bretagna con una densa foschia di colore rossastro da
costringere tutte le navi a rimanere nei porti. Anche il clima ne aveva risentito tant'è che quel periodo “senza estate” che
gli inglesi avevano vissuto viene tuttora ricordato come la “Sand-Summer”, una mancata stagione alla quale era seguito
un freddo inverno che aveva portato carestia in tutta Europa e parte del Nordamerica. Ebbene, se quel vulcano avesse
iniziato la sua attività soltanto qualche anno prima, Herschel non avrebbe sicuramente goduto di un cielo limpido, non
avrebbe potuto osservare il cielo con il suo telescopio e la storia avrebbe forse preso tutta un'altra direzione.
Ma questa, giustamente, è soltanto una notizia raccontata per “semplice curiosità”.
L'euforia seguita alla scoperta di Urano spinse gli astronomi e i matematici di tutta Europa a cercare di tracciare l'orbita
teorica del pianeta utilizzando le leggi della meccanica celeste di Keplero e Newton. Purtroppo, con il passare del tempo,
si osservò che Urano era sempre leggermente spostato rispetto a quanto teoricamente ci si aspettava. Si pensò che questa
anomalia orbitale fosse prodotta da un corpo che ne perturbava l'orbita e con questa convinzione si iniziò la caccia
all'oggetto sconosciuto, anche se la sua ricerca non era semplice. Troppo lontano e dunque troppo piccolo per essere
trovato semplicemente guardando nel telescopio, motivo per cui bisognava prima trovarne la posizione teorica anche se
questo voleva dire elaborare una enorme quantità di dati. Gli unici a raccogliere la sfida furono due matematici, l'inglese
John Adams e il francese Urbain Le Verrier i quali, partendo dagli scostamenti osservati, calcolarono teoricamente prima
la massa del corpo perturbatore, l'orbita ed infine la posizione che doveva occupare in quel periodo. Fu poi l'astronomo
tedesco J. Galle dell'Osservatorio di Berlino a scoprire il corpo perturbatore trovandolo, grazie ai calcoli forniti da Le
Verrier, nella costellazione dell'Acquario.
A distanza di 65 anni dalla scoperta di Urano, nella notte del 23 settembre 1846 fu scoperto Nettuno.
La scoperta di Nettuno, invece di soddisfare gli astronomi, portò nuovi problemi da risolvere. La sua presenza non
giustificava ancora completamente le anomalie di Urano; anzi, lo stesso Nettuno sembrava subire delle anomalie
“apparenti” nel suo moto orbitale. Doveva dunque esserci ancora qualcosa oltre l'orbita di Nettuno che perturbava questi
due pianeti.
Ripartì allora la ricerca del nuovo oggetto perturbatore, l'ipotetico nono pianeta, la cui ricerca, stranamente, coinvolse
questa volta più gli astronomi americani che quelli europei. Confidando sul metodo di calcolo utilizzato per trovare
Nettuno, il ricco americano Percival Lowell fece costruire nel 1894 un Osservatorio privato a Flagstaff in Arizona.
Flagstaff era una città di recente crescita considerato che quando la ferrovia la raggiunse nel 1882, collegandola al
Pacifico lungo il 35° parallelo, contava all'incirca soltanto 200 persone. A quell'epoca il mitico Tex Willer era da poco
uscito indenne dal complotto che proprio una persona insospettabile di Flagstaff aveva ordito ai suoi danni. Essendo
l'agente indiano della Riserva Navajo, l'intrigo prevedeva l'arresto e l'eliminazione fisica di Tex e lo sgombero degli
indiani allo scopo di impossessarsi delle enormi ricchezze presenti nella Riserva. Al di là della fantasiosa vicenda
raccontata nei fumetti, la vera guerra con i Navajos si era conclusa nel 1864 e gli indiani da allora vivevano in una Riserva
a nord del piccolo Colorado e a nord della città di Flagstaff. Ma lasciamo stare anche questa divagazione e torniamo al
nostro racconto.
All'interno dell'Osservatorio, Lowell aveva fatto installare un rifrattore da 61 cm di diametro per l'osservazione planetaria
considerato che il suo campo di ricerca era duplice, cercare prove della vita su Marte (dopo che Schiaparelli aveva senza
colpe prodotto nella gente la credenza sulla esistenza dei marziani) e cercare il corpo responsabile delle anomalie sui moti
orbitali di Urano e Nettuno. Qui Lowell aveva anche organizzato un vero centro di calcolo che aveva portato a due
risultati. Il primo suggeriva che il corpo perturbatore potesse avere una massa stimata in 6,5 volte quella terrestre e il
secondo che dovesse orbitare a una distanza media di 43 U.A. dal Sole.
La campagna di ricerca fotografica per rintracciare l'oggetto tenne impegnato l’astronomo statunitense dal 1905 al 1916
ma nonostante il lungo e laborioso lavoro, il confronto delle immagini (che veniva fatto con lente d'ingrandimento)
indispensabile per trovare lo spostamento di un astro, non diede alcun risultato. Lowell non riuscì dunque a trovare
l'oggetto che tanto cercava e nel 1916 morì.
L'attività all'Osservatorio si interruppe per lunghi anni, bloccata soprattutto dalla mancanza di soldi legati a questioni
ereditarie.
Riprenderà soltanto nel 1928 sotto il nuovo Direttore Vesto Slipher e con un nuovo telescopio da 33 cm di diametro, in
grado di catturare immagini di grandi aree di cielo con estensione pari a 12x14°, imprimendole su lastre fotografiche di
vetro. Ora la nuova tecnica di ricerca sarebbe stata quella di confrontare sempre due lastre prese a distanza di giorni,
utilizzando un comparatore ottico così da rendere più agevole l'individuazione dell'oggetto.
Un lavoro in ogni caso abbastanza noioso quello di fotografare e comparare, che poteva anche non portare a nulla e per
questo poco inviso agli astronomi professionisti dell'Osservatorio, impegnati sicuramente in ricerche più gratificanti.
Avevano quindi bisogno di un giovane con poca esperienza, dotato però di grande entusiasmo, ottima vista e tanta, ma
tanta pazienza. La scelta cadde su un giovane di 23 anni che lavorava con i genitori in una fattoria del Kansas,
appassionato di astronomia al punto da costruirsi un telescopio newtoniano da 23 cm con cui osservare Marte e Giove. I
suoi schizzi migliori impressionarono così favorevolmente il direttore dell'osservatorio Lowell, che il giovane venne
immediatamente assunto. Si chiamava Clyde William Tombaugh ed era dotato di quanto serviva: ottima vista, precisione
nel vedere i dettagli, qualità nel lavoro. Con un biglietto di sola andata, Tombaugh prese il treno che portava a Flagstaff
e la sera del 15 gennaio 1929 prese servizio sulla “Mars Hill”, la collina dove sorgeva la specola che Lowell aveva
utilizzato per osservare la superficie di Marte.
Nell'aprile del 1929 il direttore Slipher iniziò a studiare con il comparatore le prime fotografie elaborate dal giovane
Tombaugh, partendo proprio dalla zona di cielo che includeva la costellazione dei Gemelli. La voglia di trovare il
pianeta era così tanta che Slipher lavorò con troppa fretta per accorgersi dello spostamento di quell'astro che si trovava
poco lontano da Delta dei Gemelli.
E così, dopo un paio di mesi, le lastre si erano accumulate e
superavano di molto quelle già visionate al punto che Slipher,
persa la speranza di trovare in fretta il pianeta, delegò tutto il
lavoro al giovane assunto. Tombaugh avrebbe dovuto fotografare
di notte e visionare di giorno, ma lo fece con voglia pur di non
perdere il posto e dover tornare alla fattoria nel Kansas.
Con scrupolo stese un nuovo programma di lavoro che prevedeva
di fotografare le regioni di cielo sempre in opposizione al Sole,
così da riuscire a riprendere tutta la fascia dello Zodiaco nel giro
di un anno.
Fu così che nel gennaio 1930 si ritrovò a fotografare nuovamente
la Costellazione dei Gemelli, prendendo la prima lastra nella notte del 21 e quelle da comparare nelle notti successive del 23 e 29 gennaio. La loro comparazione avvenne invece nel pomeriggio
del 18 febbraio 1930. Tombaugh si accorse quasi subito di un
piccolissimo oggetto, attorno alla 15° magnitudine, che sulla
seconda immagine si era spostato di circa 3,5 mm. Doveva per forza trattarsi dell'oggetto che stavano cercando.
Nelle settimane successive fu fotografata e confrontata nuovamente la
stessa zona di cielo e non ci furono dubbi, quello scoperto era proprio il
nono pianeta del Sistema Solare.
L'annuncio ufficiale fu però tenuto volutamente in sospeso fino al 13
marzo 1930, una data che rivestiva un doppio significato: commemorava
la nascita di Percival Lowell e per combinazione celebrava anche quella
in cui Wilhelm Herschel nel lontano 1781 aveva scoperto Urano. A 84
anni dalla scoperta di Nettuno, si chiudeva dunque il cerchio con quel
filo che legava la scoperta di Urano a quella di Plutone. Clyde
Tombaugh, l'ultimo arrivato, un giovane senza titoli e senza esperienza,
aveva dunque scoperto Plutone. Aver preso quel treno diretto verso la
California che fermava a Flagstaff gli aveva portato fortuna.
Non l'ebbero invece migliaia di persone che presero la stessa linea per sfuggire la miseria delle terre aride e secche del
Texas alla ricerca di un lavoro nei rigogliosi campi da frutta della California (non dimentichiamoci che mentre
all'Osservatorio Lowell si cercava prima e si studiava poi Plutone, gran parte degli Stati Uniti era alle prese con le
conseguenze provocate dal crollo di Wall Street dell'ottobre 1929 e con la “Grande Depressione”).
Tra quelle migliaia di persone salite sul treno c'era anche un certo Woody Guthrie, un giovanotto proveniente
dall'Oklahoma che, raggiunta la California, iniziò a suonare la chitarra per la massa dei più sfortunati diventando un
famoso cantante folk. La sua storia personale ma soprattutto la situazione di crisi economica di quel periodo è
magnificamente raccontata dal regista Hal Ashby nel film “Questa è la mia terra” del 1976, un titolo ripreso da una
famosa canzone dello stesso Guthrie.
Purtroppo, anche la scoperta di Plutone non accontentò il mondo scientifico. Gli astronomi si misero a cercare qualcosa
che secondo i loro calcoli teorici ancora mancava e a seguito di questa ricerca, ma anche in conseguenza del passare del
tempo, Plutone perse sempre più sia d'interesse che d'importanza.
Ma questo sarà argomento di uno dei prossimi articoli.
Walter Pilotti